Per il bene dell’Italia tutti si augurano che l’ennesimo premier tecnico, competente e provvidenziale, ma in nessun modo scelto dai cittadini, aiuti il Paese di superare la paralisi politica che ha caratterizzato gli ultimi faticosi mesi del governo Conte. Non possiamo essere lieti della cronica incapacità del sistema italiano di seguire un percorso normale, che dovrebbe essere costituito da elezioni libere nelle quali i cittadini scelgono da chi vogliono essere rappresentati, seguite da un periodo ragionevolmente lungo in cui chi ottiene la maggioranza ha l’onore e la responsabilità di governare.

Ma visto che siamo arrivati a questo punto, dobbiamo sperare che l’ampio sostegno ricevuto dal governo Draghi come conseguenza della situazione eccezionale che stiamo vivendo consenta di portare a compimento almeno alcune delle molte riforme di cui l’Italia ha urgente bisogno.
Semplificando, il governo Draghi ha due priorità: 1) combattere e possibilmente sconfiggere la pandemia e 2) rilanciare l’economia.

Se il primo punto è decisivo, il secondo lo è altrettanto, ed è molto complesso: non basta avere a disposizione molte risorse da investire, è necessario che il
“sistema Italia” cambi profondamente, superando la ragnatela di norme, procedure, burocrazie, inefficienze e veti incrociati che lo frenano da decenni. È essenziale che le priorità individuate dal piano Next Generation EU, quali infrastrutture, transizione ecologica, digitalizzazione, produttività, equità e investimento sui giovani, si possano trasformare rapidamente in progetti e realizzazioni concrete.

Questa è la vera sfida, tanto più difficile perché nel frattempo i partiti formalmente alleati nel governo si prepareranno per un appuntamento elettorale rimandato almeno al 2022, dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. I mutamenti del quadro politico sono già iniziati, e come Conte aveva capito,
un punto chiave è il sistema elettorale. Quello attuale, come i precedenti, consegna ai capi partito la possibilità di nominare deputati e senatori: questo metodo, in vigore ormai da decenni, toglie in sostanza all’elettorato la possibilità di influire nelle scelte dei parlamentari, svilisce il senso della rappresentanza e, paradossalmente, finisce con il favorire il trasformismo.

Il sistema elettorale, che dovrà essere obbligatoriamente rivisto per gestire l’elezione di un parlamento numericamente ridotto, potrebbe finalmente restituire agli italiani la possibilità di scegliere i propri rappresentanti.
Chissà se Draghi, che non è stato eletto mai, sente questa esigenza.

Una delle priorità è l’investimento sui giovani.