La rielezione di Mattarella nel segno della dignità
Scusi, Presidente, se abbiamo dovuto scomodarla per la seconda volta, chiedendole di riprendere il timone della nave Italia, ancora nel pieno della tempesta. Altri timonieri, forse, non sarebbero stati all’altezza di un compito così arduo. Lei, invece, ha maturato esperienza e autorevolezza nel guidare il nostro Paese in una delle fasi storiche più complicate: una pandemia, la conseguente crisi economica e sociale, una (l’ennesima) crisi di governo, il preludio di una guerra che poi è diventata terribile realtà.
Scusi, Presidente, se nel suo messaggio, nel giorno del giuramento, è stato doveroso ricordarci ciò che una democrazia matura dovrebbe aver ben presente. Del resto: “(…) questo Stato che voi rappresentate mi sembra un po’ sfasciato. È anche troppo chiaro agli occhi della gente che è tutto calcolato e non funziona niente” (G. Gaber).
La gente. Le persone. Ciascuno di noi. Al centro del suo messaggio ci siamo tutti: “Il mio pensiero, in questo momento, è rivolto a tutte le italiane e a tutti gli italiani: di ogni età, di ogni Regione, di ogni condizione sociale, di ogni orientamento politico. E, in particolare, a quelli più in sofferenza, che si attendono dalle istituzioni della Repubblica garanzia di diritti, rassicurazione, sostegno e risposte al loro disagio. (…) I tempi duri che siamo stati costretti a vivere ci hanno lasciato una lezione: dobbiamo dotarci di strumenti nuovi per prevenire futuri possibili pericoli globali, per gestirne le conseguenze, per mettere in sicurezza i nostri concittadini.
L’impresa alla quale si sta ponendo mano richiede il concorso di ciascuno”.
La durezza di questi tempi è un dato, la fragilità di qualcuno è il punto di partenza che deve orientare tutto il resto. Questo è anche quello che qualche tempo fa Papa Francesco ha definito “fedeltà ai poveri”, rivolgendosi alle Acli.
Scusi, Presidente, se talvolta non si riesce ad attivare strumenti nuovi per rispondere a bisogni più o meno antichi: diritti, sostegno, risposte sono le direttrici quotidiane per la nostra associazione e i servizi collegati, ma dovremo avere maggiore capacità di ripensarci in ottica futura. Il coronavirus ci ha obbligati a cambiare, ma forse non siamo ancora riusciti ad immaginare un dopo-pandemia in modo compiuto. Ci auguriamo solo possa essere migliore del presente, condividendo il suo auspicio di un Paese moderno, equo, giusto, unito, sostenibile, efficiente, cultore di bellezza e speranza nelle giovani generazioni.
Certamente per fare tutto ciò abbiamo bisogno di più politica, di buona politica: “Un’autentica democrazia prevede il doveroso rispetto delle regole di formazione delle decisioni, discussione, partecipazione. L’esigenza di governare i cambiamenti sempre più rapidi richiede risposte tempestive. Tempestività che va comunque sorretta da quell’indispensabile approfondimento dei temi che consente puntualità di scelte”.
Scusi, Presidente, i partiti non si rivelano sempre all’altezza di questo compito e la cosiddetta società civile non è sempre in grado di incidere efficacemente sulle pre-condizioni della politica attiva: le Acli sono fedeli alla democrazia perché è l’unica strada che consente ogni sviluppo e garantisce il progresso nella dignità, ma che non potrebbe essere o non avrebbe senso fuori della libertà: “La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno per ogni prospettiva reale di crescita. Nostro compito – come prescrive la Costituzione – è rimuovere gli ostacoli. Accanto alla dimensione sociale della dignità, c’è un suo significato etico e culturale che riguarda il valore delle persone e chiama in causa l’intera società”.
Scusi, Presidente, se dovrà ritornare ancora su questi concetti. La ascolteremo e la apprezzeremo nuovamente, riconoscendole sempre il ruolo di guida valorosa.
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