Alla fine del prossimo gennaio sarà a termine il mandato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. È stato eletto il 31 gennaio del 2015 e ha già anticipato che non ambisce a un secondo incarico. Quello che verrà eletto sarà il 13° capo dello Stato della Repubblica italiana. Se quindi si può essere ragionevolmente certi che al Quirinale ci sarà un ricambio, resta da immaginare cosa avverrà nella politica durante i circa otto mesi che ancora devono trascorrere. Di questi otto mesi, sei costituiscono il cosiddetto semestre bianco durante il quale le Camere non possono essere sciolte e si apre col mese di agosto. Significa che da quella data una eventuale crisi di governo diventa assai improbabile e non sarà comunque risolvibile con il ricorso a elezioni anticipate.

Le forze politiche di governo rappresentano oltre l’80% dell’elettorato e cercheranno, forse, di trovare un successore a Mattarella di comune gradimento. 

Se sarà così è auspicabile che la scelta cada su una persona, uomo o donna, che rafforzi la figura istituzionale del Presidente della Repubblica e non sia il risultato di un compromesso al ribasso. Fino a ora l’unico nominativo che si è sentito sussurrare è quello di Draghi, ma potrebbe non essere la scelta opportuna poiché il suo governo ha ancora molti problemi da affrontare, alcuni anche molto urgenti, e la sua autorevolezza in Europa pare insostituibile. Cosa ne pensi l’interessato di queste sommesse dicerie non lo si sa, avendo definito improprio discutere del Capo dello Stato finché è in carica. Ma si può stare certi che nei partiti non si pensa allo stesso modo e che il chiacchiericcio continuerà associando l’eventuale sua elezione con l’anticipata fine della legislatura. 

Evento auspicato da chi ha i sondaggi favorevoli e aborrito da chi teme un calo elettorale. Per non dire dei molti parlamentari che sanno di non poter essere rieletti a causa della riduzione del loro numero da 945 a 600. Fino ad ora i deputati sono 630 e i senatori 315: la prossima legislatura ne avrà rispettivamente 400 e 200.

In questi prossimi otto mesi nel Consiglio dei ministri, anche quelli indicati dai partiti, saranno sufficientemente leali verso Draghi e asseconderanno in modo più o meno convinto la sua agenda programmatica. Nel Paese i partiti, già lo si vede, procederanno in ordine sparso e a briglie sciolte. Pianteranno e sventoleranno “bandierine” senza troppo badare né alle priorità, né la loro reale fattibilità. Questo è inevitabile che accada finché il nostro resta, ed bene che resti, un sistema pluripartitico. Ma sarebbe molto positivo se i partiti restassero entro i limiti di un confronto sui programmi, anche severo, e non perennemente su terreno dello scontro, degli slogan e delle frasi fatte con tentativi di reciproche delegittimazioni e anteponendo gli interessi e le convenienze del partito a quelle della nazione.