Accelerare la transizione ecologica

La risposta ferma e unanime dell’Europa alla guerra di Putin, attraverso un pacchetto di sanzioni che ha creato uno shock senza precedenti, solleva due domande. Fino a quando potrà reggere la Russia, ormai prossima al default economico; e, soprattutto, fino a quanto saremo disposti noi europei a pagare il “prezzo della solidarietà” con l’Ucraina. 

Le importazioni da parte dell’Europa portano ogni giorno nelle tasche di Mosca 600 milioni di euro per il gas russo e 350 milioni per il petrolio. Stiamo parlando di quasi un miliardo di euro al giorno. Il vecchio continente importa storicamente il 40% del proprio gas della Russia, a differenza del petrolio che è un mercato molto globale, molto liquido, in cui le petroliere si spostano in modo flessibile, mentre il gas mantiene ancora una dimensione di rigidità per via dei gasdotti. 

L’Unione europea è chiamata a sostenere gli Stati più vulnerabili al ricatto russo e ripensare profondamente la struttura dei mercati energetici europei. I Paesi europei, infatti, possono far fronte a un arresto immediato di tutte le importazioni di gas naturale dalla Russia fino all’autunno del 2022, grazie a maggiori prelievi di gas naturale stoccato, maggiori importazioni di gas naturale liquefatto e misure limitate dal lato della domanda, come una riduzione di alcune attività industriali. Ma questo crea una pressione al rialzo senza precedenti sul prezzo del gas naturale in Europa, esacerbando l’attuale crisi dei prezzi dell’energia. I Paesi più esposti al gas naturale potrebbero vedere la loro ripresa economica deragliare. Superare questo inverno senza le importazioni russe, quando lo stoccaggio del gas naturale è ancora pieno per un terzo, è una cosa; far funzionare l’economia europea per diversi anni senza il gas russo è una sfida diversa. L’Europa deve fare scelte difficili dal punto di vista politico, ambientale e sociale. Solo per fare un esempio, la Germania potrebbe dover far funzionare le sue centrali nucleari più a lungo, o anche riportare alcune centrali sporche di lignite, nonostante la sua agenda verde. Serve una strategia in due fasi per assicurarsi che l’unità dell’Unione europea sulle sanzioni sia mantenuta nel tempo, perché è solo nel lungo periodo che le sanzioni possono diventare politicamente ed economicamente molto costose per Mosca. 

Il primo passo di una solida strategia dell’Ue deve concentrarsi sul gas naturale. I Paesi con più gas devono condividere la scarsa risorsa con Paesi in situazioni peggiori. I governi dovranno incoraggiare le compagnie operanti nel settore del gas a riempire le loro strutture di stoccaggio durante la primavera e l’estate, anche se i prezzi del gas sono storicamente alti. L’accelerazione degli investimenti nelle energie rinnovabili e nell’efficientamento energetico ridurrà gradualmente la dipendenza dal gas, ma solo dopo alcuni anni. I governi devono trovare un formato costruttivo per decidere insieme a quali soluzioni politicamente difficili ogni paese deve contribuire nel breve termine.

Il secondo passo per l’Europa è la diversificazione delle fonti. La Germania, per esempio, ha deciso di costruire rapidamente due terminali di Gas naturale liquefatto (Gnl), ha deciso di andare sul mercato e assicurarsi dei volumi aggiuntivi di Gnl, ha deciso di velocizzare la transizione ecologica con l’obiettivo di arrivare a un’elettricità completamente rinnovabile nel 2035. Non è una soluzione nel breve periodo ma pone le basi per una risposta strutturale. Dovrebbe esserlo per tutto il continente, perché, come dice il governo tedesco le rinnovabili rappresentano le energie della libertà.

 

Simone Tagliapietra

Ricercatore Bruegel, think tank europeo con sede a Bruxelles https://www.bruegel.org/ – docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore e alla Johns Hopkins University – Sais Europe.