Al sesto giorno di votazioni e dopo otto scrutini il Parlamento ha rieletto Sergio Mattarella come Presidente della Repubblica Italiana. Non serve che ripercorra la cronaca di questa funambolica settimana, perché i commenti e le pagelle non sono certo mancati. Possiamo sinteticamente dire che siamo arrivati a una soluzione che sarebbe stata ottima (una delle possibili, non l’unica, ma comunque ottima) se fosse stata la prima scelta da subito dichiarata dalla maggioranza delle forze politiche, ad esempio quelle di Governo, motivandola con l’esigenza di mantenere il solido ed eccellente binomio Draghi-Mattarella che appare ai più come sinonimo di garanzia, soprattutto in un momento delicato come questo, sul principio di una ripresa e il PNRR da portare a compimento. Ma così non è stato e il risultato (un Mattarella-bis) tutt’altro che negativo, è arrivato in maniera talmente pasticciata da farlo digerire a fatica anche ai sostenitori del Presidente uscente (ed entrante) a cui io stessa mi iscrivo. Fortunatamente lo strascico di questa sbornia quirinalizia presto passerà e i cittadini e le cittadine presto non ricorderanno più queste giornate e quando le situazioni si faranno delicate (con questa situazione politica così frammentata possiamo giurare che le situazioni delicate non mancheranno) proveranno gratitudine per l’ottima persona che guida la nostra Repubblica.

La sbornia forse passerà, ma alcuni danni forse ormai sono fatti e non si può tornare indietro (come i bicchieri rotti e il tappeto macchiato dopo una festa).

Ad esempio c’è stato qualche colpo ben assestato al centrodestra. Intendo dire, qualche colpo ben auto-assestato, perché hanno fatto quasi tutto da soli. Hanno dichiarato fin da subito di essere loro a voler e dover condurre il gioco in virtù dell’alternanza e il centrosinistra, non certo per magnanimità, ma più per strategia o debolezza, li ha lasciati fare e li ha mandati a schiantarsi. Più precisamente chi si è fatto più male sembra essere l’ipercinetico Matteo Salvini che al momento vede la sua leadership indebolita, non solo a livello di centrodestra, ma anche all’interno stesso della Lega. In più ha creato una forza centrifuga intorno a sé, facendo allontanare sia Forza Italia che Fratelli d’Italia, uno verso il centro e l’altro alla deriva verso destra, dove in effetti si trova di casa. Non ci interessa affatto del futuro personale di Salvini come leader, ma se la Lega e il centrodestra assumessero nel loro insieme dei connotati più moderati ed europeisti, l’Italia ne gioverebbe nel suo insieme. È tanti anni che aspettiamo un centrodestra siffatto. Fratelli d’Italia seguirebbe il suo destino che ci auguriamo significhi non superare mai il (già corposo) 20% che gli attestano i sondaggi. Il centrodestra si separa dalla destra insomma. Al momento è solo un personale auspicio, ma diciamo che le giornate al Colle sembrano aver creato qualche piccola frattura in questa direzione.

Sul versante opposto, ri-troviamo il centrosinistra che per una volta sembra abbia resistito alla tentazione della guerra fratricida. Pur toccando apparentemente poco la palla ha ottenuto un ottimo risultato, sia perché l’Italia può giovare nuovamente di un eccellente Presidente, per altro, anche se super partes, originariamente di area, sia perché si sono per una volta mostrati compatti. Renzi e Letta (insieme anche a LEU) hanno lavorato insieme per lo stesso obiettivo. E l’hanno raggiunto. Hanno anche evitato il rimpasto di governo voluto da Salvini e Conte, almeno così pare nelle ore in cui scrivo. I nomi e i destini personali, come detto sopra, ci interessano poco, ma anche in questo caso ci pare che sia il metodo che lo spirito di collaborazione siano in sé una buona notizia, se non restano un episodio isolato.

Un discorso a parte merita il Movimento Cinque Stelle. Sia perché ho un mio personale freno che mi impedisce di ascriverli al centrosinistra, sia perché, se dovessi fare delle pagelle (che non ho titoli e spocchia per fare), non potrei dare a loro lo stesso voto che darei al centrosinistra. Perché loro sì, hanno mostrato di non avere (più? ancora?) un’anima. Intendo dire, un’unica anima. Quando si tratta di fare le cose “da grandi”, come eleggere un Presidente della Repubblica, emergono le loro debolezze. Sono ottimista. Forse una scissione (extrema ratio che molto prematuramente mi sento di proiettare qui) farebbe loro bene. Ognuno troverebbe la propria anima. Una di queste potrebbe andare a rafforzare il centrosinistra. Chissà.

E gli italiani? Terrò fuori da questo discorso il tema dei rincari di gas, elettricità e altri beni che nel 2022 potrebbero accanirsi su famiglie e imprese italiane. Terrò fuori anche la pandemia, che se a livello sanitario sembra allentarsi, ci lascia segni economici e sociali difficili da sanare. In questi giorni, insieme alla situazione internazionale delicata tra Ucraina e Russia, facevano da contraltare a quello che poteva apparire (e in alcuni punti più bassi è stato) solo un “teatrino”. Non posso accodarmi, men che meno qui, sul blog delle Acli di Brescia, a questo coro. Non perché la politica abbia dato il meglio di sé, ma perché non c’è alcun bisogno di alimentare la cattiva narrazione che media e social – che poi si infiammano a vicenda – ne hanno dato. All’antipolitica basta davvero poco per montare e noi con contribuiremo. Ma le voci scontente e indignate, a volte fuori misura, le abbiamo sentite e registrate. Nemmeno quelle voci erano tutte edificanti. Perché l’educazione politica manca, l’abbiamo visto in Parlamento, dove forse è imperdonabile, ma manca anche al bar o per strada. Nei luoghi di vita. Ho letto personalmente di commenti di chi incolpava il “governo” di non aver saputo prendere una decisione, che però competeva al Parlamento. Altri ancora minimizzavano, dicevano che un Presidente vale l’altro, per dire “due parole” ogni tanto (era più scurrile, ma parafraso). Insomma nessuno ha spiegato loro come funziona il nostro Stato, quello in e per cui cui, in teoria, votano. In altri contesti, nel frattempo, leggevo di gente che, visto il brutto spettacolo, richiedeva l’elezione diretta del PdR. Non sono una esperta di assetti istituzionali e per ora non mi pare davvero un’ipotesi al vaglio, quindi mi permetto un commento solo superficiale. E il commento a caldo, dopo la tempesta di emozioni che ci ha travolto come cittadini e cittadine, è appunto quello di non prendere questo tipo di decisioni sull’onda di delusioni momentanee, e quindi su emozioni, appunto. L’elezione è andata male? Forse non è il metodo da mettere in discussione, ma la qualità degli attori in scena. Abbiamo già fatto questo errore – a mio parere – quando abbiamo ridotto il numero dei parlamentari. In secondo luogo, trovo che lasciare il Presidente della Repubblica fuori dal “teatrino” (qui sì, lo uso) delle promesse elettorali e della ricerca del consenso, giovi al ruolo di sorvegliante, coordinatore e garante della Costituzione che poi si troverà a svolgere.

La Repubblica e la democrazia in generale insomma sono bene preziosi, e delicati, come ci diciamo spesso. Bisogna dimostrare di meritarseli giorno per giorno e noi non siamo sempre all’altezza. Anche per questo mi rincuora sapere che almeno chi è “garante dell’indipendenza e dell’integrità della nazione” lo sia.