In questo periodo sembra che l’Unione Europea, pur tra i tanti ritardi e incertezze, abbia fatto un passo avanti, soprattutto in termini politico-istituzionali e di riconoscimento. In Italia per esempio, sembra siano spariti i partiti anti-UE. Se l’Europa ha lavorato bene, lo valuteremo tra qualche anno. Lo dico perché, in questo momento di pandemia, chiacchierando con le persone, mi accorgo che il sentimento o desiderio diffuso è“ritornare a come era prima”. A nulla vale riportarle alla considerazione che forse è stato “il prima”, la causa dei mali di oggi. Ormai l’emergenza sanitaria ha invaso tutti i nostri sensi, qualsiasi cosa non avviene a prescindere dal Covid. È però necessario fare un passo avanti, ossimoro per dire che, possiamo ritornare ai primi atti di questa legislazione europea che ci avevano fatto sperare per una possibile svolta di sviluppo economico, lavorativo e sociale quale il “Green new Deal”; l’aria nuova con cui si era presentata la nuova Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. Al di là della facile enfasi, si impone un’oggettiva considerazione. L’UE si trova in ritardo rispetto alla crescita degli altri continenti, Cina e Usa in primo luogo. È quindi necessario inventare un progetto trainante, capace di dare una scossa all’UE. Il Green Deal europeo è visto come un’opportunità per avviare stabilmente l’Europa su un nuovo percorso di crescita sostenibile e inclusiva: “mirata a trasformare l’UE in una società giusta, prospera e inclusiva, dotata di un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 non genererà emissioni nette di gas a effetto serra, in cui la crescita economica sarà dissociata dall’uso delle risorse e che mira a proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’UE e a proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale e dalle relative conseguenze”. Il Green Deal non è soltanto una necessità, ma anche il motore di nuove opportunità economiche, ha spiegato Ursula con del Leyen, che vede nel possibile successo della proposta il vantaggio dei pionieri, che in economia fa sempre la differenza. Sembrano temi talmente grandi che ci rende impotenti di fronte agli eventi. Quell’impotenza disarmante che ci fa dire che noi piccoli cittadini possiamo far poco davanti ad eventi di portata globale. Non pensiamo invece che ogni nostro gesto quotidiano è importante e se è contagioso diventa potente, come quello di Greta Thunberg con lo sciopero scolastico per il clima. Ognuno di noi per rendersi conto e forse appassionarsi a una cosa deve vedere concretamente le positive ricadute di quel qualcosa nella propria vita. Il sociologo Mauro Magatti dice che è “difficile immaginare una soluzione al problema che pure riusciamo a cogliere, ma appunto pensiamo di essere impotenti al di là del generico consenso circa la necessità di fare qualcosa per salvare il pianeta”. Ma la speranza c’è, “non a caso chi si sta davvero mobilitando oggi, sono gli adolescenti: quasi a dire che per trovare uno sguardo dissonante rispetto all’ordine delle cose in cui tutti siamo immersi occorre risalire molto indietro nell’età, tra coloro che sono ancora ai margini del nostro mondo sociale”.