Distruzioni, crudeltà e morte continuano a imperversare in Ucraina e sembrano indicarci che la guerra debba durare ancora a lungo. Noi continuiamo pervicacemente a non rassegnarci alla “logica di Caino” e a sperare nella pace, sostenendo ogni tentativo di esplorare strade alternative alla soluzione armata del conflitto. Non può e non deve essere l’unica soluzione. Anche perché – lo sappiamo – la guerra non è mai una soluzione. La Russia contava sul crollo militare dell’Ucraina e sulla divisione politica dell’Europa. Così non è stato. Tuttavia, nonostante la pesante caduta dell’economia russa e le impreviste perdite di mezzi e di uomini del suo esercito, Putin non intende fermarsi.L’Ucraina si difende come può e continua a chiedere il necessario aiuto militare. Nel frattempo, da parte europea, la complessa ricerca di continui accordi sulle sanzioni da applicare alla Russia apre a uno scenario che rileva un’attività diplomatica europea incapace di offrire soluzioni concrete per la fine del conflitto.

Continuiamo però a pensare – e a impegnarci in tal senso – che l’Unione europea sia la nostra unica speranza di pace. Lo pensiamo perché grazie all’UE abbiamo sperimentato la pace dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi e perché, ogni volta che ha affrontato una crisi, l’Europa ne è uscita migliore. Oggi è maturo il tempo per l’Europa di decidere il proprio destino di Comunità politica, innanzitutto rivedendo i Trattati e superando la paralizzante regola dell’unanimità. L’unica strada ragionevole, come si è fatto per l’adozione dell’Euro, è procedere a una cooperazione rafforzata nell’ambito della quale non tutti i paesi partecipano alle nuove decisioni della politica europea, ma solo chi ne ha la volontà, come potrebbero essere inizialmente Francia, Italia, Germania e Spagna. Condividendo gli obiettivi fondamentali, i principali Paesi europei potrebbero essere attrattivi di ulteriori adesioni su uno schema di accordo in materia di politica estera e di difesa. La pandemia ieri (e forse ancora domani) e la guerra oggi (e sicuramente domani) hanno disegnato una dimensione del tutto nuova dei problemi e delle possibili soluzioni. Il mantra “nessuno si salva da solo” ha prodotto, con il Recovery Fund, la condivisione del debito e un maggior grado di solidarietà europea, mettendo nell’angolo i sovranisti. La guerra in Ucraina può favorire un’unità d’intenti e di valori e un rinnovato impegno per la difesa europea, ormai non più rinviabile, anche passando dalla prospettiva di un’Europa “a più velocità”.

La visione di Comunità politica europea e la necessaria riforma dell’Ue è emersa chiaramente anche dalla Conferenza sul futuro dell’Europa appena terminata, dopo un anno di deliberazioni, dibattiti e discussioni che hanno riunito cittadini, politici, istituzioni, organizzazioni della società civile e partner sociali. Questo processo unico e innovativo di democrazia deliberativa e partecipativa è certamente un segnale di speranza: ha messo i cittadini al centro del processo decisionale, facendo emergere l’Europa come una soluzione alle sfide che abbiamo di fronte. Nello scenario globale dove sembra emergere un nuovo ordine, dettato dalla contrapposizione tra USA e Cina, abbiamo bisogno di un’Unione europea politicamente unita. L’Unione politica, anche raggiunta per gradi, resta il segno della speranza che è possibile convivere insieme tra diversi. In un tempo di crisi, si apre l’opportunità per un’Europa migliore, che sappia essere ancora un modello attrattivo per il futuro del mondo. Spesso il futuro è stato scritto proprio nei tempi di crisi. È il momento di essere audaci.