Già nel 2021, molti mesi prima della guerra scatenata dalla Russia contro l’Ucraina, si era rapidamente sviluppata, soprattutto in Europa, una forte crisi energetica. È successo durante una fase di marcato aumento dei consumi per la contemporanea scarsità delle tradizionali fonti energetiche e per la rapida impennata, anche speculativa, dei loro prezzi sul mercato libero, in particolare del gas, la principale fonte energetica utilizzata per la produzione dell’energia elettrica. Le cause determinanti erano molteplici.

La ripresa economica globale, da inizio estate post Covid, con forte crescita dei consumi e maggiore richiesta di energia, in particolare da parte della Cina. 

La carenza di riserve energetiche: la veloce crescita delle economie ha portato a un utilizzo immediato delle scorte di gas, ai minimi dal 2013 in Europa, di petrolio e carbone. 

Il meteo, con inverni più freddi ed estati più calde e lunghe, e con maggiori consumi per riscaldare e raffrescare.

I limiti tecnici e geopolitici.

La disponibilità per il riutilizzo delle fonti di energia fossili non immediata, ma subordinata ai tempi di estrazione, lavorazione e stoccaggio e i Paesi produttori che, in un periodo di forte domanda, possono rialzare prezzi.

Nord Stream2: il gasdotto sottomarino che va  dalla Russia alla Germania passando per il Mar Baltico, sotto il controllo della società russa Gazprom, lungo più di 1200 km e capace di trasportare 55 miliardi di metri cubi di gas ogni anno è stato temporaneamente bloccato  per questioni burocratiche, politiche e geopolitiche e il fermo ha fatto innervosire la Russia, che ha ridotto le forniture all’Europa, con rialzo dei prezzi del gas e favorendo al contempo invece le esportazioni verso la Cina.

Le fonti rinnovabili: coprono solamente poco più di un terzo del fabbisogno nazionale di energia elettrica, sono instabili per fattori climatici (assenza di vento o di sole), hanno uno sviluppo lento per difficoltà burocratiche e scontano anche resistenze locali alla loro installazione.

I certificati di emissione di CO2: altro fattore che in parte ha influenzato il rincaro delle bollette è l’aumento dei prezzi dei certificati di emissione di CO2 , i cosiddetti “permessi per inquinare” (1 certificato EUA = 1 tonnellata di CO2equivalente). 

Negli ultimi quattro anni poi il mercato delle quote oltre a essere utilizzato dagli operatori del settore energetico per le coperture degli acquisti di titoli fisici, è divenuto un mercato finanziario speculativo. I valori delle quote sono passati dai 10 €/tonnellata di febbraio 2017 ai 93 €/ tonnellata di febbraio 2022. 

In aggiunta a questi elementi contribuivano a peggiorare la situazione altri due fattori: un’alta inflazione e l’esplosione dei prezzi delle materie prime, che scarseggiavano sul mercato per la forte domanda dovuta alla ripresa economica (si pensi al rallentamento nella produzione di prodotti elettronici per la difficoltà a reperire sui mercati una componente di base, i chip). Questo era lo scenario fino allo scoppio della guerra in Ucraina, quello che si prospetta ora rischia di essere devastante per l’economia italiana e per quella europea.