Sugli ultimi numeri di Battaglie Sociali abbiamo aperta una riflessione sulle principali soft skills. In questo spazio ne approfondiamo una che spesso viene nominata ma (a volte) poco praticata e conosciuta nel suo senso più profondo: l’empatia.
In psicologia, è la capacità di porsi in maniera immediata nello stato d’animo o nella condizione di un’altra persona.
Spesso si usa dire che l’empatia è “mettersi nei panni degli altri” ma si tratta di una definizione errata e commerciale; in realtà l’essere empatici vuol dire sentire/compartecipare all’emozione o pensiero altrui.
Quando parliamo di comprensione o compartecipazione, si intende sintonizzarsi con l’altro ma con la consapevolezza di non essere l’altro, di essere in uno stato cognitivo ed emotivo diverso.
Altro mito da sfatare: l’essere empatici non prevede questa abilità solo in momenti difficili o problematici ma anche in occasione di successo altrui. Forse quest’ultima da praticare è ancora più difficile, perché il successo degli altri a volte poteva essere il nostro e quindi gioire e condividere un risultato positivo vuol dire che sappiamo mettere da parte una frustrazione o risentimento.
Conosciamo i tre livelli di empatia:
1) empatia cognitiva, percepisco-accolgo il pensiero dell’altro;
2) empatia emotivo-affettiva, percepisco-accolgo l’emozione altrui;
3) empatia compassionevole, percepisco e accolgo il pensiero e emozione altrui e creo una relazione di aiuto.
Un aspetto fondamentale è capire che possiamo provare anche empatia verso noi stessi. Quante volte ci ascoltiamo, comprendiamo e sappiamo tenderci una mano? Difficile, perché spesso siamo più portati a giudicarci che a comprenderci. Sicuramente se sapessimo praticare l’empatia verso noi stessi e verso gli altri saremmo in grado di relazionarci con sensibilità e accoglienza.
Ultima delucidazione: empatia e simpatia non hanno lo stesso significato anche se spesso vengono confuse e equiparate o addirittura miscelate pensando che si può essere empatici solo per chi proviamo simpatia. Facciamo un po’ di chiarezza: proviamo simpatia per qualcuno quando ci sentiamo in accordo o condividiamo idee, mentre proviamo empatia anche per coloro di cui non condividiamo decisioni, atteggiamenti o reazioni agli eventi.
Perché, nel lavoro, l’empatia con-
tribuisce al benessere aziendale? L’empatia in azienda permette di migliorare le relazioni tra colleghi, ma anche con i superiori o i dipendenti, con i clienti e con i fornitori. In definitiva, quindi, più empatia sul posto di lavoro genera relazioni più solide, una miglior collaborazione e quindi una maggiore produttività.
Un ultimo spunto di riflessione: l’empatia è un’abilità, quindi possiamo allenarla anche se non è innata in noi. Quando vorremmo essere compresi o supportati da qualcuno pensiamo che il nostro desiderio potrebbe anche essere quello di qualcun altro, e quel qualcun altro potremmo essere noi.
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