Dov’è l’uomo? Fu la risposta al grido: “Dov’è Dio?”, davanti all’impiccagione di un ragazzo prigioniero nel campo di Auschwitz. Coinvolgere Dio di fronte ai massacri, alle guerre, alle violenze più efferate sembra la cosa più logica, più ovvia, pensando perfino che Dio stia dalla parte del più forte. Dio non è dalla parte dei colpevoli. È sulla croce! In Cristo, inchiodato su quel patibolo dell’infamia, Dio ha dato tutto se stesso per l’umanità. E continua, ieri come oggi, ad andare in cerca dell’uomo. Lo ricorda fin dall’inizio il libro della Genesi, quando Dio si rivolge ad Adamo per chiedergli: “Dove sei?” (Gen 3,9), dopo che l’uomo ha mangiato dall’albero il frutto proibito, scegliendo la libertà in senso individualistico.

Lo rinnova a Caino, dopo l’uccisione del fratello: “Dov’è Abele, tuo fratello? … Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,1-16). E si potrebbe continuare con Giacobbe ed Esaù, con Giuseppe e i suoi fratelli, con i patriarchi d’Israele. In ogni tempo Dio interpella ogni uomo: ‘Dove sei nel tuo mondo?’

Dio domanda ad Adamo, quindi all’uomo, quindi a ognuno di noi: “Dove sei? Dove sei nella tua vita? Adamo, come Caino, avevano scelto la legge del più forte, ma si erano nascosti. Si nascosero come si nasconde ogni uomo per non rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita, per giustificare e ingannare, falsare, stravolgere la verità.

La guerra in Ucraina è un’ulteriore conferma dell’abuso di potere, del delirio di onnipotenza e di dominio, della volontà di giustificare e ingannare, chiamando ‘operazione militare’ quella che, invece, è una guerra che semina morte, distruzione e miseria. La guerra in Ucraina è un’ulteriore prova in cui la falsificazione si aggiunge al male perpetrato, perché non permette ai russi di prendere piena coscienza di quanto sta accadendo ai loro fratelli ucraini. La guerra in Ucraina è un’ulteriore ratifica della fragilità di un ordine mondiale che non si basa su regole, ma sulla legge del più forte. Una legge con cui sempre dobbiamo fare i conti. È un’esperienza che non ci è estranea: comincia con il risentimento! Risentimento che si tramuta in odio, l’odio che si tramuta in violenza, la violenza che si trasforma in guerra. L’abuso di potere, il delirio di onnipotenza e di dominio, diventano la vera fonte di violenza distruttiva, che può assumere molte forme: dalle parole offensive e dalla discriminazione alla violenza sessuale, dall’aggressione con mezzi militari e allo sfruttamento eccessivo della natura fino alle armi nucleari che distruggono tutto. Davanti a questo ‘fronte’ armato, Papa Francesco, uomo della parresia, ci invita a invertire la rotta. Chiede di lasciarsi disturbare, pungolare, destabilizzare, da questa domanda che Dio rivolge ad Adamo in Genesi: “dove sei?”

Chiede di distruggere le armi nucleari e di abbassare il potenziale umano di distruzione! Chiede al mondo di trasferire i nostri valori alle nostre azioni, per contribuire a rendere il futuro più sicuro, più equo e più sostenibile. Chiede di pregare per gli uomini perché smettano di comportarsi come bestie. Chiede di pregare Dio perché l’uomo diventi umano. Chiede di prenderci cura della pace e della democrazia: beni tanto fragili, quanto preziosi da custodire e sviluppare.

“Quando tutto è perduto, tutto è possibile”, scrisse il giornalista Robert Inman.

Anche uscire da questa guerra è possibile, doveroso! Occorre maturare una coscienza più matura, più audace nel cercare il dialogo, la verità, la pace. 

Certamente feriti, massacrati, ma con più umiltà, con più sapienza,… e da lì ripartire.

A noi accogliere questo monito per ripopolare il deserto dell’impegno sociale, civile, politico, diplomatico; per riavviare l’educazione alla cultura, al lavoro, alla politica;

per ripopolare la terra di pace e di fraternità.